Il timing della scelta: capire quando decidere

Oltre a valutare cosa decidere dovremmo capire anche quando decidere. La gestione del timing della scelta è un aspetto troppo spesso sottovalutato.

Quando siamo posti di fronte ad una scelta, uno degli aspetti chiave da valutare non è solo cosa decidere ma anche quando decidere. Siamo costantemente posti di fronte ad un trade-off: ci prendiamo ancora un pò di tempo per riflettere e raccogliere ulteriori informazioni oppure privilegiamo la velocità decisionale? La risposta corretta è: dipende! Dipende dal tipo di decisione che dobbiamo prendere. 

Il fattore critico nel determinare quanto tempo dovremmo prenderci per decidere è connesso alle conseguenze della scelta: non solo l’impatto ma anche il fatto che sia o meno irreversibile.  

Nella lettera agli azionisti del 2015, Jeff Bezos distingue tra due tipologie di decisioni: quelle di Tipo 1 sono irreversibili o quasi irreversibili, il che significa che una volta effettuata la scelta non è possibile tornare indietro alla situazione precedente. Queste decisioni devono essere valutate attentamente e oggetto di un processo decisionale “profondo” che si prende tutto il tempo necessario.

Gran parte delle decisioni sono però di Tipo 2, cioè modificabili o reversibili, o comunque con conseguenze ad impatto limitato: in questi casi dovrebbe essere utilizzato un processo decisionale snello e veloce. In ambito aziendale, sono le scelte che dovrebbero essere prese in autonomia all’interno dei team senza la necessità di essere scalate.

Secondo Bezos, quando le aziende diventano grandi, c’è una tendenza ad utilizzare i processi decisionali “pesanti” delle scelte di Tipo 1 anche a quelle di Tipo 2: il risultato è lentezza, indiscriminata avversione al rischio, poca propensione alla sperimentazione e di conseguenza mancanza di innovazione. Al contrario, le aziende che applicano processi decisionali “leggeri” alle decisioni importanti si estinguono prima di diventare grandi.

Il segreto è utilizzare approcci differenti a seconda del tipo di decisione.

Le decisioni di Tipo 1

Le decisioni di Tipo 1 sono quelle che hanno una rilevanza strategica determinante sia in azienda che in ambito personale: devono quindi essere valutate con grande attenzione anche perché molto spesso sono difficilmente reversibili.

Innanzitutto dobbiamo definire una deadline entro la quale effettuare la scelta: essere consapevoli del tempo che abbiamo a disposizione per decidere ci consente di capire quanto in profondità possiamo andare nelle nostre riflessioni, quanti dati siamo in grado di raccogliere, quante persone possiamo consultare e coinvolgere e così via.

Individuata la deadline, lo schema da seguire è “pensare prima possibile, decidere più tardi possibile”. La deadline non è il momento in cui iniziare a pensare ad un problema ma è il momento in cui decidere con convinzione: per cui l’approccio di iniziare a ragionarci quando sono “sotto data” perché sono più motivato o “lavoro meglio sotto pressione” non è quello ottimale. Allo stesso modo dovremmo sfruttare tutto il tempo a nostra disposizione e ritardare il momento della decisione fino all’ultimo istante: se abbiamo un’ora dovremmo aspettare 59 minuti, se abbiamo un anno 364 giorni. 

Questo approccio consente di massimizzare il tempo a nostra disposizione per effettuare al meglio il lavoro “profondo” necessario per prendere queste decisioni difficili. 

Ci serve tempo per riflettere, dormirci sopra e ingaggiare il nostro inconscio, in modo che la nostra mente sia in grado di elaborare al meglio la situazione. Hemingway era solito interrompersi nella scrittura quando gli era troppo chiaro cosa sarebbe successo dopo: voleva darsi il tempo per sviluppare idee divergenti e potenzialmente più interessanti. “Le mie abitudini di lavoro sono molto semplici” ha affermato il grande scrittore americano, “dedico molto tempo a pensare, poco a scrivere”. Il potere di lasciare lavorare l’inconscio era ben chiaro anche a Napoleon Hill quando scrisse “mai andare a dormire senza una richiesta per il tuo subconscio”. Se dobbiamo scrivere una mail importante è meglio preparare una bozza e poi riprenderla il giorno dopo: potremmo renderci conto di altre cose che nell’immediato avevamo trascurato.

“Le mie abitudini di lavoro sono molto semplici: dedico molto tempo a pensare, poco a scrivere.” (Ernest Hemingway)

“Mai andare a dormire senza una richiesta per il tuo subconscio.” (Napoleon Hill)

Il tempo a nostra disposizione dovrebbe essere sfruttato per pensare al problema, raccogliere dati e evidenze, confrontarsi con altre persone, senza ancorarsi prematuramente ad una particolare decisione. Einstein ha affermato “se avessi un’ora per risolvere un problema di vitale importanza, passerei 55 minuti a pensare al problema e 5 minuti a pensare alla soluzione.”

Se arriviamo troppo presto ad una conclusione, tendiamo a cadere vittime del confirmation bias, cioè nel tempo che rimane a disposizione daremo molta più importanza alle evidenze a supporto della nostra tesi rispetto a quelle che la negano, il che renderebbe molto difficile valutare obiettivamente le alternative ed eventualmente cambiare idea. Da qui l’esigenza di concentrarsi sull’analisi del problema, almeno in una fase iniziale e di valutare sempre più soluzioni contemporaneamente per poterle mettere a confronto.

Un intero filone di ricerca ha analizzato i risultati degli studenti americani nei test a risposta multipla per verificare se in caso di variazione della risposta durante un esame (la risposta originaria veniva cancellata e sostituita) i risultati miglioravano o meno. Ebbene, contrariamente a quanto potremmo pensare, oltre 30 studi su migliaia di studenti dimostrano che i cambiamenti da risposta sbagliata a corretta sono circa il doppio di quelli da corretta a sbagliata. In sostanza gli studenti che modificavano le risposte in media miglioravano i risultati. Come sottolineato da Adam Grant nel suo libro Think Again, non è tanto cambiare idea per sè la cosa importante, ma quanto il fatto che per cambiare idea gli studenti avevano sfruttato tutto il tempo a disposizione per controllare le risposte, ripensarle e dove necessario, valutarle da un’altra prospettiva: impegnandosi a pensare in profondità avevano migliorato la loro votazione. 

La strategia da adottare in presenza di una scelta difficile e irreversibile prevede quindi una serie di step ben definiti: individuare chiaramente la deadline; massimizzare il tempo disponibile iniziando a pensare al problema da subito e ritardando la decisione finale all’ultimo istante disponibile; non fissarsi inizialmente su una possibile soluzione ma dedicare la parte iniziale del processo allo studio e all’analisi, raccogliendo dati, evidenze, pareri; solo successivamente ragionare sulle soluzioni, cercando di valutarne almeno due contemporaneamente, per sfruttarne la tensione ed evitare il confirmation bias; il tutto nella consapevolezza che sia sempre possibile e molto spesso vantaggioso cambiare idea.

Il valore del tempo

Uno schema interessante per interpretare il valore del tempo nel corso di una decisione è quello fornito dalla teoria delle opzioni finanziarie. Una delle componenti del valore di un’opzione di acquisto o di vendita di un titolo azionario è rappresentato dal tempo che manca alla scadenza dell’opzione: il valore del tempo si riduce fino a diventare zero in corrispondenza della scadenza (vedi figura 1).

Figura 1: valore del tempo nelle opzioni finanziarie.

L’aspetto da rilevare è che nelle opzioni “in” o “at” “the money”, cioè quando il prezzo del titolo sottostante è nell’area in cui l’opzione potrebbe essere esercitata con profitto, il valore del tempo decade abbastanza lentamente all’avvicinarsi della scadenza (linea blu). Al contrario nelle opzioni “out of the money”, dove il prezzo del titolo sottostante è ancora distante rispetto al valore che renderebbe profittevole l’opzione, il valore del tempo si riduce piuttosto velocemente anche a distanza dalla scadenza.

Una decisione potrebbe essere interpretata come un processo di valutazione di un portafoglio di opzioni differenti: alcune sono più facilmente percorribili (le opzioni in o at the money), altre invece richiedono maggiori sforzi ed approfondimenti (le opzioni out of the money). L’idea è riportata nella figura 2.

Figura 2: il valore delle opzioni in una decisione.

Se di fronte ad una scelta complessa, iniziamo ad analizzare il problema da subito, cioè in Fase 1, avremo più opzioni a disposizione da poter valutare, sia quelle più immediate che quelle complicate. 

Se ritardiamo il momento in cui pensare alla decisione e ci attiviamo solamente in Fase 2,  probabilmente non avremo più tempo per esplorare le opzioni meno immediate: sono quelle che ad esempio richiedono molti dati da recuperare o analizzare, di effettuare delle implementazioni, di coinvolgere colleghi. Le nostre possibilità di scelta si riducono solo alle soluzioni che possono essere valutate e implementate più velocemente.

Se, come accade spesso, ci svegliamo solo sotto data, gran parte delle opzioni che potevamo percorrere non possono più essere esplorate e ci troviamo in sostanza di fronte a scelte obbligate: abbiamo sprecato tutto il valore del tempo del portafoglio di opzioni che avevamo a disposizione.

Il fatto di attivare il cervello solo sotto data è un bias molto comune. Innanzitutto, il processo di analisi accurata delle opzioni diverse è molto dispendioso e richiede di recuperare dati, coinvolgere persone e passare del tempo a pensare, che è sempre la parte più complicata, soprattutto quando la pressione della scadenza non è ancora così stringente. Paradossalmente aspettare fino alla fine ci semplifica il compito perché molte opzioni non sono più disponibili e la scelta è quasi obbligata e quindi psicologicamente meno impegnativa. Inoltre in caso di errore, avremo la giustificazione di aver avuto poco tempo per pensarci, mentre sbagliare dopo un processo di analisi accurata sarebbe più doloroso.

La realtà è che attivare il cervello solo poco prima della scadenza è un grande spreco di valore: quello delle opzioni che avremmo potuto esplorare e invece non sono più disponibili. 

Comprare un’opzione reale

Laddove sia possibile, di fronte a scelte difficili può essere consigliabile comprare un’opzione reale. Una partnership o un piccolo investimento nel capitale di un’azienda, è il classico esempio di un’opzione reale: si può considerare come uno step preliminare a basso impatto prima di valutare un’acquisizione. Prima di decidere se accettare un’offerta di lavoro all’estero potremmo prenderci una settimana di ferie per conoscere meglio la città in cui dovremmo trasferirci e i nostri futuri colleghi.

La logica delle opzioni reali è quella di acquisire ad un costo contenuto delle informazioni che potrebbero risultare fondamentali per prendere decisioni ad alto impatto e non quella di rappresentare una scusa per ritardare o evitare la scelta. La convivenza rientra in questa tipologia di opzioni: è un modo per capire se la persona che stiamo frequentando sia quella giusta o meno, e non una strategia per ritardare o evitare altre scelte irreversibili!

Le decisioni di Tipo 2

Le decisioni di Tipo 2, dovrebbero invece seguire un percorso molto più snello, anche perché nel contesto attuale, uno dei vantaggi competitivi più rilevanti è la capacità di prendere decisioni con grande velocità senza comprometterne la qualità. 

A questo proposito Jeff Bezos, nella lettera agli azionisti del 2016, ha formulato la regola del 70%: gran parte delle decisioni dovrebbero essere prese una volta che si hanno a disposizione il 70% delle informazioni che vorremmo avere. Se si aspetta fino ad arrivare al 90%, probabilmente è troppo tardi. Quello che conta è essere in grado a riconoscere e correggere velocemente le decisioni sbagliate: “se sei bravo ad effettuare gli aggiustamenti in corsa, sbagliare potrebbe essere meno costoso di quello che pensi, mentre essere lento ha sicuramente un costo elevato.”

“Se sei bravo ad effettuare gli aggiustamenti in corsa, sbagliare potrebbe essere meno costoso di quello che pensi, mentre essere lento ha sicuramente un costo elevato.” (Jeff Bezos)

Il metodo proposto da Bezos richiede tre ingredienti chiave:

  1. Decidere anche se non si possiedono tutte le informazioni: questo approccio è controintuitivo e non in linea con quello che ci viene insegnato a scuola. Nel sistema educativo americano, conoscere il 70% delle risposte equivale ad una C, cioè un voto di poco superiore alla sufficienza mentre per ottenere una A occorre avere una conoscenza superiore al 90%. Quello che ci dice Bezos è che in gran parte delle decisioni sulla vita e sul lavoro, quelle non irreversibili, occorre decidere con un livello di preparazione equivalente ad una C e non una A. Nel mondo reale, la ragione principale che ci blocca nelle decisioni è non sentirci abbastanza preparati: a differenza della scuola però, nella vita potremmo non esserlo mai abbastanza;
  2. Considerare l’errore come parte del processo;
  3. Rivedere e aggiustare le decisioni sulla base del feedback e delle evidenze: la decisione non è la fine del percorso ma solo lo step iniziale. Una parte fondamentale del processo consiste nell’osservare gli effetti delle proprie scelte per poter apportare dei miglioramenti.

La regola del 70% distilla quindi l’essenza del metodo induttivo, alla base dei processi di innovazione e di sviluppo prodotti di numerose aziende. 

Non ha senso rimuginare troppo o cercare di essere perfetti da subito su una decisione che possiamo successivamente modificare anche perché gran parte delle informazioni, spesso quelle più utili, verranno acquisite solo successivamente alla decisione stessa.

Perchè perdere troppo tempo a pensare se iscriversi a un determinato corso che potrebbe piacerci? E’ più efficiente fare un abbonamento breve, provare e poi valutare se rinnovare o meno. Ci mettiamo almeno 30 minuti per decidere ogni volta quale film vedere su Netlifx? Molto meglio iniziare a vederne uno, capire se ci piace e al limite stoppare e provarne un altro.

Le decisioni ricorrenti

Quando una decisione è ricorrente può essere importante investire del tempo per costruire un processo analitico. Le decisioni ricorrenti generano dati che possono essere utilizzati per raffinare il modello iniziale ed evolverlo. Questo tipo di approccio richiede più tempo all’inizio, quando si costruisce il modello, ma consente di migliorare la qualità e la velocità delle decisioni nei periodi successivi.

Gli algoritmi che decidono in tempo reale il pricing dei prodotti sulle piattaforme di e-commerce o la logistica dei magazzini di Amazon non sono altro che l’espressione più evoluta di questo principio. 

Conclusioni

Se pensiamo al numero di decisioni che prendiamo nel corso della giornata ci rendiamo conto di come la gestione efficiente del timing sia un fattore chiave da considerare anche perché le decisioni si accumulano ed il ritardo di una può influire sulla qualità e le tempistiche dell’altra. 

Il problema è che molto spesso dedichiamo troppo tempo a situazioni che dovrebbero essere valutate speditamente mentre decidiamo d’istinto e non abbiamo le presenza mentale di riflettere a sufficienza in situazioni che meriterebbero un approfondimento. Potremmo passare una settimana a  studiare le caratteristiche di un PC da €800 prima di acquistarlo mentre potremmo decidere d’impulso di effettuare un investimento di importo 10 o 100 volte superiore senza neppure sapere cosa stiamo comprando o cosa ci stanno proponendo.

Il segreto per gestire il flusso di decisioni che incontriamo sul lavoro e nella vita sta quindi nel capire quando ci troviamo di fronte a scelte di Tipo 1, pesanti, o di Tipo 2, leggere, e adottare la strategia corrispondente: come sostenuto da Bezos se siamo “leggeri” nel prendere decisioni “pesanti”, o siamo estremamente fortunati o facciamo poca strada; se siamo “pesanti” nel prendere decisioni “leggere” saremo sempre in ritardo, sotto pressione e sopraffatti dagli eventi.

Bibliografia:

Bezos, Jeff. 2015 Letter to Shareholders. Amazon, 2016.

Bezos, Jeff. 2016 Letter to Shareholders. Amazon, 2017.

Davenport, Thomas H. When to Stop Deliberating and Just Make a Decision. Harvard Business Review, July 2019. 

Partnoy, Frank. Waiting game: what tennis teaches us. Financial Times, June 2012. 

Pearson, Taylor.How to Stop Procrastinating Using the 70% Rule. taylorpearson.me.

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