Pianificare (meglio) tempi e costi dei progetti

Tendiamo sistematicamente a sottovalutare i tempi e i costi di nuove iniziative.

State pensando di ristrutturare casa. Contattate le persone che si occuperanno del lavoro e vi fate dare una stima dei tempi e dei costi. Sulla base dei dati che avete raccolto, calcolate che questo progetto vi costerà circa cinquantamila euro e vi terrà impegnati per sei mesi: decidete di partire con i lavori.

Passano sei mesi e vi rendete conto che state spendendo più del previsto e che i tempi si stanno allungando significativamente: durante i lavori sono emersi dei problemi che non avevate preventivato e gli operai hanno performato al di sotto delle vostre aspettative. Vi suona familiare vero? Siete appena caduti nella fallacia della pianificazione.

La fallacia della pianificazione: la definizione di Kahneman e Tversky

La fallacia della pianificazione è un bias cognitivo codificato dagli psicologici Daniel Kahneman e Amos Tversky per descrivere piani e previsioni che:

–         sono poco realisticamente simili a scenari ideali

–         potrebbero essere migliorati consultando i dati statistici relativi a casi simili

In sostanza quando iniziamo un nuovo progetto, le nostre stime su tempi e costi sono quasi sempre più vicine allo scenario ideale che a quello realistico. La fallacia della pianificazione è un problema molto diffuso nelle aziende. I manager tendono generalmente a sovrastimare i benefici e a sottovalutare i costi di nuove iniziative: elaborano scenari di successo, trascurando i potenziali rischi ed errori. Di conseguenza spesso si lanciano in progetti che hanno scarsa probabilità di essere portati a termine entro il budget e i tempi prestabiliti, di dare i ritorni previsti o di essere realizzati tout court.

Un piano può fallire in molti modi e, benché la maggior parte di tali modi sia abbastanza improbabile presa singolarmente, la probabilità che qualcosa vada male, soprattutto se il progetto è grande e complicato, è elevata.

La fallacia della pianificazione dipende in gran parte dal fatto che quando stimiamo i tempi e i costi di un progetto utilizziamo solo una visione interna, cioè ci basiamo solo sui dati relativi al nostro caso particolare, sulle nostre circostanze specifiche su cui pensiamo ottimisticamente di avere un controllo. Questo bias cognitivo potrebbe essere invece significativamente mitigato se facessimo uso della visione esterna, cioè raccogliessimo dati su tempi e costi di progetti simili in altri contesti. Se la classe di riferimento è scelta appropriatamente, la visione esterna darà un’indicazione plausibile e potrebbe suggerire che le previsioni “interne” non vi si avvicinano neanche lontanamente.

Se il tempo medio per scrivere un libro è due anni, è improbabile pensare che nel nostro caso possiamo terminarlo in sei mesi, anche se abbiamo scritto i primi due capitoli molto velocemente. Magari dopo le prime cinquanta pagine esauriamo gli argomenti e la vena creativa, e diventa molto più difficile proseguire. Oppure per mille motivi o imprevisti, che non possiamo prevedere in anticipo, potremmo avere meno tempo da dedicare alla scrittura facendo allungare significativamente i tempi.

La visione esterna, cioè la raccolta di dati su tempi e costi di progetti simili a quello in cui ci stiamo per imbarcare, dovrebbe essere il benchmark di riferimento da cui partire per calibrare la nostra pianificazione. La visione esterna è infatti basata su dati a consuntivo su casi del mondo “reale” ed include quindi tutti gli imprevisti che sono accaduti e che non erano preventivabili a priori. Possiamo poi aggiustare la visione esterna su tempi e costi al rialzo (se siamo conservativi) o al ribasso (se siamo ottimisti) sulla base delle informazioni e delle circostanze relative alla nostra situazione: magari il nostro progetto è più semplice di quelli analizzati come benchmark o al contrario abbiamo poche competenze specifiche su quello che stiamo per iniziare e quindi siamo costretti ad essere più conservativi.

Il tema evidenziato da Kahneman e Tversky è che quasi mai partiamo dalla visione esterna e ci focalizziamo quasi sempre solo sul nostro caso specifico. E anche se fossimo al corrente della visione esterna, tendiamo a trascurarla pensando che il nostro caso sia differente e che possiamo controllare la situazione. E quindi cadiamo inevitabilmente vittime della fallacia della pianificazione rendendoci conto solo troppo tardi di quanto erano sbagliate le nostre previsioni.

“Nella competizione con la visione interna, la visione esterna non ha la minima possibilità.” (Daniel Kahneman)

La regola del moltiplicatore di Ray Dalio

Anche Ray Dalio, il leggendario investitore e fondatore di Bridgewater, l’hedge fund più grande al mondo, è ben consapevole dell’impatto della fallacia della pianificazione. Per questo afferma: “ricordati che quasi tutto ci metterà più tempo e richiederà più soldi di quello che ti aspetti. È molto difficile che le cose vadano secondo i piani perché non pianifichiamo per quello che può andare storto. Per questo utilizzo questa regola: moltiplico per 1,5 le stime di tempi e costi rispetto a quello che può sembrarmi ragionevole perché questo è quello che ho riscontrato per esperienza.

Taleb e l’impatto della complessità

Nel suo libro Antifragile, Nassim Taleb riprende il tema della fallacia della pianificazione. Secondo Taleb gli errori di pianificazione non dipendono solo dai fattori psicologici evidenziati da Kahneman e Tversky, ma da una generale sottovalutazione dell’impatto su tempi e costi derivante dalla complessità dei progetti. Infatti, i tempi e costi aumentano in maniera più che proporzionale (e quindi non lineare) all’aumentare della complessità del progetto: si ha quindi un effetto convessità che viene generalmente trascurato (vedi grafico sotto).

Grafico 1: relazione tra tempi, costi e complessità dei progetti.

In un progetto complesso, che vede la partecipazione di molti attori tra loro interdipendenti e interconnessi, magari posizionati in diverse parti del pianeta, qualsiasi problema di uno di essi può fare arrestare l’intero processo che diventa così altrettanto debole come l’anello più debole della catena. Un classico caso di convessità negativa figlio dell’interconnessione e della complessità.

Il primo spunto che nasce da questa riflessione sulla convessità legata alla complessità è che laddove possibile, occorrerebbe spezzettare progetti grandi in tanti progetti di dimensioni inferiori tra loro indipendenti. Ad esempio, i progetti per ponti o gallerie necessitano di una pianificazione monolitica, non scomponibile in sezioni più piccole e fanno rilevare in media sforamenti significativi su costi e tempi. Invece con le strade, che vengono costruite a tratte, questi effetti vengono mitigati perché gli imprevisti su un segmento non hanno impatto rilevante sugli altri.

La seconda riflessione è che il buffer da applicare alle nostre stime su tempi e costi basate sulla visione interna dovrebbe aumentare con la complessità del progetto: quindi invece di utilizzare, come suggerito da Dalio, un moltiplicatore fisso pari a 1,5x per tutti i progetti, dovremmo utilizzare un moltiplicatore più piccolo per progetti semplici (ad esempio 1,25x) ed un moltiplicatore più grande per progetti complicati (ad esempio 2x). Questo perché tendiamo a sottovalutare gli impatti di convessità legati alla complessità.

Conclusioni

Ogni volta che partiamo con un nuovo progetto dovremmo fare molta attenzione alle nostre stime: quasi sempre stiamo considerando lo scenario ideale e sottovalutando i possibili imprevisti. Per questo sarebbe buona norma effettuare sempre un premortem: valutando in anticipo tutto quello che potrebbe andare storto tendiamo a mitigare l’ottimismo iniziale che determina la planning fallacy.

Seguendo i suggerimenti di Kahneman e Tversky dovremmo poi recuperare informazioni su tempi e costi di progetti simili: la visione esterna dovrebbe essere il benchmark di riferimento a partire dal quale valutare il nostro progetto.

Infine, non dovremmo trascurare gli effetti di convessità legati alla complessità: più il progetto è complesso e costituito da molte parti dipendenti l’una dall’altra, maggiori sono i rischi che i tempi e i costi crescano in maniera esponenziale rispetto al previsto.

Bibliografia

Kahneman, Daniel. Pensieri Lenti e Veloci. Mondadori, 2020.

Taleb, Nassim Nicholas. Antifragile. Il Saggiatore, 2013.

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