Abramo Lincoln: come gestire un team di rivali

In un momento drammatico della storia americana, Lincoln decise di mettere insieme un team di rivali. 

Quando Lincoln divenne presidente il 4 marzo del 1861, il parlamento era completamente spaccato. Nei quattro mesi precedenti alla sua elezione, sette stati avevano deciso di separarsi dall’Unione: avevano formato un nuovo governo, emanato una nuova costituzione e nominato il senatore del Mississippi Jefferson Davis come nuovo presidente degli Stati Confederati d’America (la “Confederazione”).

Questa decisione aveva creato una profonda frazione anche nel Partito Repubblicano: da una parte c’erano i conciliatori che pensavano che con i giusti compromessi, si potevano convincere gli stati schiavisti del Sud a rimanere nell’Unione; dall’altra c’erano invece i sostenitori della linea dura che non intendevano negoziare.

Il team di rivali: il valore della diversità di opinione

Rendendosi conto della gravità della situazione, che infatti sarebbe sfociata in una sanguinosa guerra di secessione, Lincoln decise di mettere insieme il team di governo più inusuale della storia americana, con rappresentanti di ogni fazione del Partito Repubblicano e dei Democratici contrari alla schiavitù: una combinazione di conservatori, moderati e radicali, di intransigenti e conciliatori. A differenza del suo predecessore James Buchanan che si era circondato di “yes men”, Lincoln creò un team di persone indipendenti e con idee forti: tutti erano più esperti politicamente e meglio educati di lui. Nelle tre posizioni chiave di Segretario di Stato, ministro del Tesoro e della Giustizia nominò i suoi tre più acerrimi rivali politici: William Seward, Salmon Chase e Edward Bates, ciascuno dei quali avrebbe potuto essere presidente al posto suo. Non è un caso che questo gruppo di persone sia stato definito dal premio Pulitzer Doris Kearns Goodwin il “team di rivali”.

Quando gli fu chiesto perché avesse fatto questa scelta bizzarra Lincoln rispose: “Il paese era in pericolo. Avevo bisogno che gli uomini più forti fossero al mio fianco per condividere il peso.” Lincoln aveva una grande consapevolezza delle sue capacità di leadership ed era quindi fiducioso di poter amalgamare questo team di rivali, potenzialmente disfunzionale, in una famiglia che potesse lavorare all’unisono per difendere l’Unione.

Lincoln voleva massimizzare il valore della diversità ed essere sottoposto alle opinioni di persone che rappresentassero tutte le fazioni geografiche, politiche e ideologiche dell’Unione: ciò gli consentiva di valutare tutte le argomentazioni da diversi punti di vista in modo da poterle analizzare in maggiore profondità. Questo processo decisionale, reso possibile dalla sua incredibile capacità di mantenere in testa più visioni differenti sullo stesso argomento, era ovviamente più lento e sofferto, ma una volta raggiunta la decisione finale, la determinazione ad agire era assoluta perché tutti i rischi e gli scenari potenziali erano già stati presi in considerazione ed analizzati ex ante.

Il Proclama di Emancipazione: un esempio di premortem

Un esempio del processo decisionale del team di rivali si ebbe in occasione della discussione sul Proclama di Emancipazione, durante il quale il governo Lincoln condusse un vero e proprio premortem, nonostante la metodologia fu codificata “ufficialmente” più di un secolo dopo dallo psicologo Gary Klein.

Quando il 22 luglio del 1862 Lincoln convocò il suo team per presentare il primo draft del proclama con il quale intendeva abolire la schiavitù, si scatenarono tutta una serie di visioni contrastanti che evidenziavano i rischi potenziali a cui sarebbero andati incontro a seguito di quella mossa. Come in un vero e proprio premortem, tutti i membri del team illustrarono a turno i motivi per cui quella decisione sarebbe stata un fallimento.

Il ministro della Marina, Gideon Welles affermò che la rabbia dei proprietari di schiavi avrebbe allungato la guerra e incrementato la sua intensità. Montgomery Blair, il direttore generale delle Poste, disse che questa mossa avrebbe spinto gli altri stati del Sud, ancora fedeli all’Unione, ad unirsi ai ribelli confederati. Inoltre avrebbe causato anche un mal di pancia tra i conservatori del Nord e avrebbe messo a rischio il successo dei Repubblicani alle successive elezioni d’autunno.

Anche Salmon Chase, che pure era il più convinto abolizionista del governo, indietreggiò rispetto alla proposta di Lincoln. “E’ troppo estrema e porterà a massacri e a maggiore supporto per i ribelli.” Chase riteneva più saggio un’introduzione graduale e progressiva ad esempio permettendo ai generali che conquistavano i territori ribelli di emettere un ordine di liberazione degli schiavi.

Il Segretario di Stato William Seward, espresse preoccupazioni di carattere internazionale. Se il Proclama avesse provocato una guerra di razza e interrotto la produzione di cotone, l’Inghilterra e la Francia, che dipendevano dal cotone americano per la propria industria tessile, avrebbero potuto intervenire a favore dei confederati.

Prima della fine del meeting, Seward mise sul tavolo anche il tema scottante del timing del Proclama. “Lo sconforto dell’opinione pubblica a seguito delle nostre recenti sconfitte è così diffuso, che il Proclama potrebbe essere percepito come la mossa della disperazione. Meglio aspettare che l’aquila della vittoria riprenda il suo volo e potremo attaccargli al collo il Proclama.” L’Unione aveva infatti appena subito una sconfitta sanguinosa a fine giugno nella campagna Peninsulare, quando le truppe del generale McClellan erano state annientate da quelle del generale Lee.

Lincoln accettò subito questa proposta: “Era un aspetto che avevo completamente trascurato. Misi quindi da parte la bozza, aspettando il tempo di una vittoria. Nel frattempo aggiungevo o modificavo qualche frase.”

Nei due mesi successivi, Lincoln modificò varie volte il testo del Proclama, soppesando tutte le numerose eccezioni che erano emerse nella prima riunione, facendo molteplici incontri individuali con tutti i membri del team, tanto che Salmon Chase affermò che “il presidente aveva preso in considerazione e valutato attentamente le opinioni di tutti.”

Per Lincoln fu un processo decisionale molto difficile, in cui dovette realmente combattere con i suoi pensieri, da cui però ne emerse con una visione chiara e fiduciosa, proprio perché era sicuro di aver valutato bene tutti i rischi potenziali. Fu così che dopo la vittoria ad Antietam, Lincoln decise di procedere con il pieno supporto del suo team. Il 22 settembre lesse pubblicamente il Proclama di Emancipazione che conteneva una frase che avrebbe cambiato il corso della storia americana: “dal 1° gennaio 1863, tutti gli individui detenuti come schiavi sul territorio americano saranno, da quel giorno e per sempre, liberi.”

La decisione si rivelò vincente: il supporto popolare alla misura fu enorme e più che compensò i dubbi dei conservatori; inoltre le persone di colore, spinte da uno spirito di riconoscenza nei confronti di Lincoln, si arruolarono in massa nelle truppe dell’Unione, fornendo un contributo fondamentale per le vittorie successive.

Capire le diversità e le esigenze di ciascuno

Ma quali erano le strategie adottate da Lincoln per tenere insieme un team di persone con personalità forti e caratteristiche molto differenti?

L’empatia e la continua attenzione ai molteplici bisogni di individui complessi erano il marchio di fabbrica della leadership di Lincoln. Fin dall’inizio, Lincoln si rese conto che il prestigio nazionale e internazionale di Seward meritasse la carica più importante di Segretario di Stato ed un’attenzione particolare da parte sua. Conscio della delusione di Seward per non aver ottenuto il ruolo di presidente, Lincoln attraversava spesso la strada per andare a fargli visita nella sua casa di Lafayette Park e insieme passarono molte serate parlando e raccontandosi storie, sviluppando quindi una profonda intimità. Un rapporto egualmente intimo, anche se meno conviviale, fu quello che Lincoln maturò con l’irascibile Edwin Stanton. Il ministro della Guerra, soprannominato amichevolmente “Mars” da Lincoln, era sottoposto ad una pressione incredibile e quindi il presidente cercava quanto più possibile di supportarlo, ad esempio stando al suo fianco quando aspettavano al telegrafo, con le mani giunte, il bollettino del campo di battaglia.

Lincoln era però consapevole che se avesse focalizzato le sue attenzioni solo su Seward e Stanton, avrebbe provocato gelosie e risentimento tra gli altri. Per cui trovava sempre il modo per dedicare il giusto tempo a ciascuno.

Molto spesso scriveva personalmente delle note che inviava ai membri del suo team per ringraziarli del lavoro prezioso: “ognuno gradisce un complimento”, osservava, “ognuno ha bisogno di essere apprezzato per il lavoro che sta facendo.” Non perdeva mai l’occasione di elogiarli in pubblico come quando dichiarò che la decisione di aspettare una vittoria prima di emettere la Proclamazione fosse tutto merito del suggerimento di Seward.

“Ognuno ha bisogno di essere apprezzato per il lavoro che sta facendo.” (Abraham Lincoln)

Quando doveva prendere una decisione non gradita a qualche ministro non mancava mai di sedersi con il collega, mettergli un braccio sulla spalla e spiegargli pazientemente perché quella scelta fosse strettamente necessaria. Sebbene l’ambizioso Chase fosse spesso sofferente e irritato sotto l’autorità di Lincoln, ebbe a commentare: “il presidente mi ha sempre trattato con grande gentilezza e ha sempre dimostrato così tanta giustizia e integrità che non ho mai avuto modo di negargli la mia fiducia…per cui sotto con il lavoro!”

Il principio del perdono

Lincoln non selezionò mai i membri del team sulla base dei suoi rapporti personali. Se una persona si era comportata male con lui ma allo stesso tempo era la più indicata per il ruolo, Lincoln non esitava a portarla a bordo. Era guidato dal principio del perdono: più volte affermò che non gli interessava se una persona si fosse comportata male in passato, “quello che conta è ciò che farà da adesso in poi.”

Questo suo atteggiamento è ben esemplificato dalla nomina a ministro della Guerra di Edwin Stanton, una persona con cui non aveva certo avuto buoni rapporti in precedenza. Si erano incrociati la prima volta per collaborare nella discussione di una causa a Cincinnati. Stanton era un brillante avvocato con una reputazione di primo livello mentre Lincoln era ancora un praticante emergente conosciuto solo in Illinois. Quando Stanton vide Lincoln, capelli tutti spettinati, camicia macchiata, maniche e pantaloni troppo corti per le lunghe braccia e gambe, disse al suo partner George Harding: “perché hai portato qui questo scimmione? Non sa nulla e non ci sarà certo di aiuto.” E da quel momento non lo degnò più di uno sguardo e non aprì neppure la memoria sul caso che Lincoln aveva preparato con grande impegno.

Da questa umiliazione Lincoln trasse una forte motivazione a migliorarsi. Rimase nel tribunale tutta la settimana, studiando con attenzione la performance di Stanton, rendendosi conto di non aver mai visto “nessuno così preparato e meticoloso.”

Nonostante Lincoln non avesse mai dimenticato la ferita di quell’episodio, quando giunse il momento mise da parte il suo risentimento personale e decise di portare con sè Stanton al governo, perché pensò che la nazione avrebbe avuto bisogno del suo talento. Alla fine della loro partnership di governo, Stanton si affezionò così tanto a Lincoln da arrivare ad essere uno dei suoi seguaci più fedeli.

La lettera “bollente”

Quando era in collera con un collega, Lincoln era solito scrivere quelle che chiamava le lettere “bollenti”, che gli consentivano di buttare fuori la sua rabbia. Poi le metteva da parte finché non si raffreddava e poteva affrontare la questione con più calma.

All’inizio del XX secolo, tra i documenti di Lincoln, gli storici trovarono decine di queste lettere “bollenti” tutte con un’annotazione particolare: “mai firmata e mai inviata”. Questa sua incrollabile pazienza rappresentò un esempio costante per tutto il team.

Una sera Lincoln era presente mentre Stanton si stava infuriando con uno dei generali. “Vorrei dirgli quello che penso veramente di lui!” disse Stanton, e Lincoln gli rispose: “E perché non lo fai? Scrivi tutto in una lettera.” Quando Stanton finì la lettera, tornò da Lincoln per leggergliela. “Favoloso”, disse Lincoln, “ora cosa hai intenzione di fare?”. “Mandargliela ovviamente!” rispose Stanton. “Io non lo farei” continuò il presidente, “buttala nel cestino.” “Ma mi ci sono voluti due giorni per scriverla!” “Si, e ti ha fatto proprio bene. Ti senti meglio ora. Era quello che ti serviva. Adesso buttala nel cestino.” E Stanton, ancora borbottando, la buttò.

Proteggi sempre il tuo team

Più di una volta Welles raccontò come Lincoln si assumesse sempre in prima persona la responsabilità per gli errori del team. Dopo la sconfitta disastrosa nella campagna Peninsulare, il generale McClellan attaccò pesantemente il ministero della Guerra per non aver inviato truppe sufficienti. Si scatenò una campagna mediatica contro Stanton, con la richiesta di immediate dimissioni. Allora Lincoln, per creare un’atmosfera drammatica che attirasse l’attenzione dei media, decise di chiudere tutti i dipartimenti governativi all’ora di pranzo in modo che tutti i funzionari potessero prendere parte ad un raduno sui gradini del Campidoglio. Lì, dopo spari di cannone e canti patriottici, decise di rispondere a muso duro agli attacchi di McClennan. Affermò che ogni soldato disponibile era stato inviato a supporto del generale: “il ministro della Guerra non può essere ritenuto responsabile per non aver inviato quello che non poteva inviare!” Poi dopo i primi applausi, continuò: “penso che Stanton sia una persona valida e coraggiosa e, come mi compete, mi assumo tutte le responsabilità per gli attacchi che gli sono stati rivolti.” La difesa accorata del ministro sotto assedio fu in grado di spegnere velocemente la campagna negativa nei suoi confronti.

Conclusioni 

Fu il temperamento di Lincoln, la sua persistente pazienza, empatia e sensibilità, ad ispirare e trasformare ogni membro del team.

Eppure dietro la sua gentilezza si nascondeva uno dei più complessi, ambiziosi e implacabili leader di sempre. Potevano criticarlo, innervosirlo, stuzzicarlo, mettergli pressione e lui era in grado di gestire tutto a patto che ognuno lavorasse con passione ed impegno e che tutti si dimostrassero compatti ed uniti quando contava di più, così come accadde il 22 settembre del 1862 quando Lincoln e il suo team, insieme, emanarono il Proclama di Emancipazione.

Bibliografia:

Goodwin, Doris Kearns. Leadership in Turbolent Times. Penguin Books, 2018.

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