Segnale vs rumore: su quali informazioni si focalizzano i grandi decisori?

I grandi decisori hanno capito su quali informazioni focalizzarsi per decifrare la realtà ed effettuare scelte consapevoli.

Che cosa hanno in comune Warren Buffett, Bill Gates, Elon Musk e Jeff Bezos, cioè gli uomini di maggiore successo dei nostri tempi? Potremmo passare ore a cercare i tratti comuni del loro modo di pensare, di prendere decisioni e di gestire il rischio. In realtà c’è una cosa molto semplice ma di fondamentale importanza che li accomuna: fin da ragazzi hanno sempre letto moltissimo. 

Warren Buffett passa circa 5 o 6 ore al giorno a leggere: giornali, libri, e una quantità enorme di report finanziari. Charlie Munger, suo partner storico, ha affermato: “in tutta la mia vita, non ho conosciuto nessuna persona saggia che non legga tutto il tempo. Saresti veramente sorpreso di vedere quanto io e Warren leggiamo. I miei figli mi prendono sempre in giro. Pensano che io sia un libro con un paio di gambe attaccate.” 

Anche Bill Gates è un fanatico della lettura e ha un ritmo di circa un libro alla settimana. Negli anni ‘80, quando era a capo di Microsoft, Gates aveva iniziato a prendersi delle “settimane del pensiero” (“think weeks”) in cui si ritirava in una baita in mezzo ai boschi e la sua unica attività era leggere libri e pensare, un rituale poi ereditato negli anni 2000 da Jeff Bezos. Bezos non solo legge molto, ma pretende che anche i suoi manager facciano lo stesso, e fornisce regolarmente “suggerimenti” sui titoli che non possono trascurare. Ad esempio il libro “The Innovator’s Dilemma” del 1997, ha influenzato molte delle strategie che Bezos ha implementato nei primi anni di Amazon.

Per non parlare di Musk che già in terza elementare aveva terminato i libri della biblioteca scolastica e della libreria di quartiere e così iniziò a leggere l’Enciclopedia Britannica. Ray Dalio, nel suo libro Principles racconta che quando ha chiesto a Musk quale fosse la sua esperienza in razzi spaziali, lui ha risposto “Nessuna! Ho semplicemente iniziato a leggere dei libri.”

L’effetto leva della conoscenza

Questi grandi decisori hanno sicuramente una passione innata per la lettura. Ma hanno anche capito un’altra cosa: i frutti che generiamo per effetto della lettura e della conoscenza non crescono in maniera lineare, ma accelerano in maniera esponenziale nel corso del tempo, determinando una sorta di effetto “leva” simile a quello dell’interesse composto. In sostanza, se continuiamo ad investire con costanza in conoscenza, i rendimenti che otterremo crescono più che proporzionalmente con il passare del tempo (vedi figura 1).

Figura 1:  i “dividendi” della conoscenza crescono esponenzialmente con il passare degli anni. Fonte: Michael Simmons.

Infatti una volta che abbiamo accumulato una base solida di conoscenze, sarà per noi più semplice interpretare, comprendere, ricordare le nuove letture perché saremo in grado di collegarle a quelle precedenti. Vari studi condotti sugli studenti chiariscono infatti che le persone apprendono nuove idee collegandole a quello che conoscono già: in questo modo sono in grado di trasferirle nella loro memoria di lungo termine.

In sostanza, più leggiamo, più ampliamo la nostra base di conoscenza e più saremo in grado di mettere a frutto le nuove letture, innescando quindi il circolo virtuoso dell’effetto “leva” della conoscenza.

“L’uomo che non legge buoni libri non ha nessun vantaggio sull’uomo che non sa leggere.” (Mark Twain)

Informazioni con vita media prolungata

Non è sufficiente però dedicare tanto tempo alla lettura: occorre anche capire su quali tipo di informazioni sia più produttivo focalizzarsi.

Oggi gran parte delle informazioni che ci vengono proposte hanno una vita media molto breve, cioè non saranno più rilevanti nel giro di una settimana, un mese o un anno. Sono informazioni facilmente digeribili che hanno una forte attrazione perché ci fanno sentire sul pezzo e aggiornati su tutto, ma proprio per il fatto di evaporare velocemente, hanno poco valore, non costituiscono una base su cui innestare future letture e non danno quindi vita all’effetto leva della conoscenza (vedi figura 2). 

Figura 2: il diverso impatto delle informazioni a vita media lunga e breve sulla conoscenza.

A chi affidereste i vostri soldi: a chi sta tutto il giorno davanti al PC a guardare le notizie di borsa e a imparare a memoria il prezzo dei titoli o a chi spende gran parte del tempo a leggere e a studiare le biografie dei grandi investitori o i libri di storia? Il leggendario investitore Bill Gross ha affermato che sulla sua scrivania si trovano soprattutto i libri dello storico Paul Johnson che descrivono gli avvenimenti chiave del XIX e XX secolo. Secondo Gross, “ci sono risposte che valgono miliardi in un libro di storia da 30 dollari.”

“Ci sono risposte che valgono miliardi in un libro di storia da 30 dollari.” (Bill Gross)

I grandi decisori dedicano il loro tempo a letture che hanno una vita lunga o molto lunga: approfondimenti, libri di storia, biografie. Buffett ad esempio legge ogni anno centinaia di report finanziari su aziende in cui non ha investimenti semplicemente perché vuole capire meglio come funziona il loro business. E si focalizza soprattutto su aziende che hanno un modello stabile, in modo tale che la conoscenza acquisita mantenga valore nel tempo. E’ così che negli anni ha accumulato una base enorme di conoscenza a cui può attingere velocemente quando pensa che i prezzi siano favorevoli. 

Anche noi dovremmo iniziare a chiederci: quello che sto leggendo mi servirà a qualcosa tra un mese, un anno o cinque anni? Se la risposta è negativa, forse non dovremmo perderci troppo tempo.

Informazioni ad alta frequenza vs informazioni a bassa frequenza 

La frequenza delle informazioni è incrementata notevolmente rispetto a qualche tempo fa: notifiche, messaggi, interruzioni varie fanno in modo che le notizie ci raggiungano lo stesso momento in cui sono pubblicate. Inoltre il costo di produzione di queste notizie è crollato fino quasi ad azzerarsi: pensate alla competizione di tutti i siti online e dei vari blog per catturare la nostra attenzione e mantenerci sempre connessi.

Questa situazione però ci pone un problema: può infatti essere dimostrato matematicamente che informazioni ad alta frequenza hanno un contenuto quasi esclusivo di rumore e non ci consentono di percepire il segnale, cioè quello che conta veramente capire.

Nel suo libro Giocati dal caso, Nassim Taleb fornisce un semplice esempio per chiarire questo concetto. Supponiamo che Giovanni investa i propri risparmi in una strategia con un rendimento atteso annuo del 15% e una volatilità del 10%: chi è pratico capisce che si tratta di una strategia con un rapporto rischio/rendimento molto favorevole, che ha una probabilità del 93% di avere profitti in ogni dato anno (vedi figura 3). Tuttavia, se consideriamo una scala temporale molto piccola, la strategia ha una probabilità di solo il 50,02% di guadagnare in ogni dato secondo. Se Giovanni controllasse il proprio portafoglio ogni minuto, ogni ora o anche ogni giorno, vedrebbe quasi con eguale probabilità segni positivi e segni negativi, cioè non avrebbe alcuna indicazione sul rendimento complessivo della strategia. Focalizzandosi solo su intervalli temporali brevi, quel che si osserva è la variabilità del portafoglio, cioè il rumore, e non si hanno indicazioni attendibili sul fatto che la strategia sia buona o meno

Figura 3: probabilità di generare profitti su diverse scale temporali. Fonte: Giocati dal Caso, Nassim Nicholas Taleb. 

Questo esempio ci consente di comprendere perché le notizie (alta frequenza) siano piene di rumore e perché la storia (bassa frequenza) ne sia largamente priva.

Il focus sempre più diffuso su informazioni ad alta frequenza non solo ci rende difficile comprendere il segnale ma rischia anche di crearci una grossa confusione: il rumore tende a trasferirsi dalla notizia alla nostra testa.

Negli anni ‘60 furono condotti vari esperimenti in cui si mostrava a due gruppi di individui un oggetto quasi completamente sfocato e quindi irriconoscibile. Ad un gruppo si aumentava la risoluzione in maniera granulare, ad esempio in dieci passaggi mentre all’altro in maniera più grossolana, ad esempio in cinque passaggi. Ci si fermava in un punto in cui ad entrambi i gruppi si presentava la stessa immagine con lo stesso livello intermedio di sfocatura e si chiedeva ad ognuno di identificare l’oggetto. Ebbene i membri del gruppo che avevano visto meno passaggi avevano maggiore efficacia nel riconoscere l’oggetto. 

Qual è la morale? Più frequenti sono le informazioni che gli individui ricevono, più le persone formulano ipotesi lungo il percorso, scambiando rumore per segnale, e questo peggiora il giudizio. Il problema è che abbiamo difficoltà a cambiare idea e ad aggiornare le nostre convinzioni: per cui se sviluppiamo un’opinione partendo da prove deboli, cioè contaminate dal rumore, avremo poi difficoltà a interpretare eventuali informazioni successive che contraddicono le nostre opinioni di partenza, anche se fossero chiaramente più accurate, cioè contenessero più segnale.

Nell’esempio precedente, se Giovanni controllasse il proprio portafoglio ogni giorno, avrebbe una probabilità non trascurabile di assistere ad una sequenza di giorni negativi che potrebbero metterlo in ansia: in preda al panico potrebbe decidere di vendere pensando erroneamente che la volatilità di breve sia un indicatore di una strategia non adeguata, di fatto facendosi travolgere dal rumore senza aver capito nulla del segnale. Al contrario se verificasse il rendimento una volta all’anno, le probabilità di avere cattive sorprese e quindi di farsi prendere dal panico, sarebbero molto più limitate. 

Pensiamo anche a tutte le notizie che si sono susseguite sul Covid 19, sulle sue origini, sulle modalità di trasmissione, sull’efficacia delle varie misure di contenimento e così via. Chi ha seguito in tempo reale tutte le dichiarazioni degli esperti e dei politici, quasi sempre in grande contraddizione tra di loro e dense di rumore, si è sottoposto al rischio di sviluppare una serie di teorie basate sul nulla che poi è difficile modificare anche in presenza di informazioni successive più solide e scientificamente testate. 

“I saggi colgono il senso, gli stolti percepiscono solo il rumore.” (Nassim Nicholas Taleb)

Il messaggio è quindi chiaro: occorrerebbe cercare di stare alla larga dalle informazioni ad alta frequenza e focalizzarsi su quelle a bassa frequenza; passare dal tempo reale al giornaliero, dal giornaliero al settimanale, dal settimanale al mensile e così via. Il mito di rimanere sempre connessi e aggiornati è fortemente controproduttivo perché ci sottopone ad una montagna di rumore che ci confonde: il modo più efficiente per eliminare il rumore è lasciare che il tempo agisca come filtro

Concentrazione vs multitasking

Una volta che ci focalizziamo su informazioni a vita media prolungata e a bassa frequenza, l’ultimo tassello è rappresentato dal nostro livello di concentrazione e dalla nostra voglia di imparare. Per incrementare il nostro livello di conoscenza dobbiamo essere pronti a spendere del tempo per pensare a fondo, connettere le nuove informazioni con quelle pregresse, capire come interagiscono e in cosa si distinguono: in questo modo riusciremo a comprenderle veramente e a fissarle nella nostra memoria di lungo periodo, in modo da poterle richiamare in futuro.

In questo senso il multitasking è nemico dell’apprendimento. Secondo Munger, le persone che si dedicano al multitasking pensano di essere molto efficienti ma in realtà pagano un prezzo molto elevato: facendo più cose contemporaneamente non hanno mai il tempo per concentrarsi profondamente su qualcosa. Ricordate che Gates si chiudeva una settimana nei boschi solo per leggere e pensare? Ecco non possiamo pretendere di arrivare a quei livelli ma nello spazio che dedichiamo allo studio dobbiamo cercare di rimanere concentrati. Munger ha ripetuto più volte di aver avuto successo non tanto per la sua intelligenza, ma per la sua capacità di rimanere concentrato a lungo.

Conclusioni

Buffett, Musk, Bezos, Gates e Munger nella loro straordinarietà ci offrono in realtà una lezione di grande semplicità: per essere buoni decisori non occorre essere sempre sul pezzo, connessi, iper-produttivi, multitasking. Anzi è proprio il contrario. Occorre staccarsi dalle lusinghe del “tempo reale” e dalle notizie a vita breve, focalizzarsi su quello che ci serve per incrementare la nostra conoscenza di lungo periodo e non su quello che ci serve per apparire agli altri sempre ben aggiornati.

E’ chiaro che il percorso che ci propongono è semplice da comprendere ma non è facile da implementare: l’effetto leva della conoscenza si costruisce nel tempo con costanza e concentrazione e dispiega pienamente i propri effetti solo nel lungo periodo. 

Per cui se vuoi ispirarti ai grandi decisori non puoi più perdere tempo: inizia a leggere e focalizzati solo sulle informazioni che contano!

Bibliografia:

Dalio, Ray. Principles. Simon & Schuster, 2017.

Munger Charles T. Poor Charlie’s Almanack: The Wit and Wisdom of Charles T. Munger. PCA Publication, 2011.

Simmons, Michael. Google Director Of Engineering: This is how fast the world will change in ten years. Medium, February 2021.

Taleb, Nassim Nicholas. Il cigno nero. Il Saggiatore, 2014.

Taleb, Nassim Nicholas. Giocati dal caso. Il Saggiatore, 2014.

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