Abraham Wald e il mistero degli aerei mancanti

Abraham Wald, geniale matematico ungherese, negli anni di lavoro presso lo Statistical Research Group scoprì una proprietà statistica definita “survivorship bias”.

Lo Statistical Research Group (SRG) fu uno dei gruppi di scienziati e ricercatori universitari che furono creati negli Stati Uniti durante la seconda guerra mondiale per supportare lo sforzo bellico. A differenza del Manhattan Project, dove i migliori studiosi di fisica erano impegnati nello sviluppo del programma nucleare, nel team SRG si studiavano equazioni. Il gruppo di lavoro, basato in un appartamento sulla 118th Street a Manhattan, a pochi passi dalla Columbia University, era costituito da 18 ricercatori e comprendeva un mix tra i migliori economisti, statistici e matematici americani. Guidati dall’economista Allen Wallis, lo SRG ha avuto tra i suoi membri Milton Friedman e George Stigler, futuri premi Nobel per l’economia, Frederick Mosteller, che avrebbe fondato il dipartimento di statistica di Harvard, Norbert Wiener, matematico del MIT e pioniere della cibernetica. Utilizzando le parole di Wallis lo SRG fu “il più straordinario gruppo di statistici mai assemblato, tenendo in considerazione numero e qualità dei partecipanti.”

I risultati degli studi dello SRG hanno avuto un profondo impatto sulle strategie adottate dall’esercito americano durante il secondo conflitto mondiale: i ricercatori si occupavano delle geometrie e delle tattiche di combattimento aereo, calcolavano le traiettorie ottimali di lancio dei missili, la disposizione più efficiente degli armamenti. Erano la mente matematica e statistica a supporto degli strateghi militari.

Il dilemma della corazza degli aerei

Come descritto da Jordan Ellenberg nel libro How Not to Be Wrong: The Power of Mathematical Thinking, uno dei temi che il team SRG dovette affrontare era relativo alle protezioni da utilizzare negli aerei da combattimento. Gli aerei avevano bisogno di sistemi di difesa nei confronti dei proiettili nemici; tuttavia corazzature troppo estese li avrebbero appesantiti e resi meno maneggevoli (oltre ad aumentare il consumo di carburante). Si trattava quindi di individuare il livello ottimale di protezione che avrebbe massimizzato la probabilità di sopravvivenza dei piloti.

Quando i militari si presentarono allo SRG per analizzare il problema, portarono con sé una serie di statistiche relative ai buchi causati dalle pallottole nemiche sugli aerei americani che ritornavano dai combattimenti nei cieli europei. Le statistiche sono riportate nella tabella sottostante:

Sezioni dell’areo Buchi di pallottola per “square foot”
Motore1,11
Fusoliera1,73
Serbatoio1,55
Resto dell’aereo1,8
Tabella 1: le pallottole sugli aerei americani durante la seconda guerra mondiale. Da How Not to Be Wrong: The Power of Mathematical Thinking di Jordan Ellenberg.

Le pallottole non erano distribuite in maniera uniforme. I buchi erano molto più diffusi sulla fusoliera mentre il motore risultava meno impattato. Sulla base di questi dati, i militari stavano valutando se aumentare le protezioni sulla fusoliera, a scapito di quelle applicate sul motore.

Tra i membri dello SRG presenti alla riunione c’era anche Abraham Wald, un matematico ungherese che insegnava alla Columbia University, scappato dall’Europa per sfuggire alle persecuzioni dei nazisti nei confronti degli ebrei. Dopo aver ascoltato i militari, Abraham prese la parola ed elaborò una teoria sorprendente: le protezioni non dovevano essere rinforzate nelle zone con molti fori di pallottola, ma in quelle con pochi buchi, cioè sul motore!

Bisognava tenere in considerazione anche i buchi che non potevano essere osservati: quelli che si trovavano sugli aerei che erano stati abbattuti e non erano tornati. La constatazione che gli aerei che tornavano alla base avessero subito pochi colpi al motore era dovuto al fatto che gran parte degli aerei con danni al motore erano caduti. Al contrario i piloti che subivano colpi alla fusoliera erano quasi sempre in grado di ritornare, a dimostrazione che questo tipo di danni potevano essere tollerati, a differenza di quelli al motore.

I suggerimenti di Wald furono immediatamente applicati nel prosieguo del conflitto e contribuirono a salvare la vita di migliaia di piloti alleati. 

Il “survivorship bias”

La struttura del problema risolto da Wald è conosciuta in statistica con il termine di survivorship bias. Il survivorship bias si manifesta quando il campione che stiamo analizzando non è rappresentativo della popolazione perché esclude i risultati di chi non ce l’ha fatta ed è stato eliminato durante il percorso: da qui il termine “survivorship” perché, come nel caso degli aerei della seconda guerra mondiale, il campione è focalizzato (“biased”) solo sui sopravvissuti.

I casi che presentano una struttura interpretativa che richiede l’utilizzo del modello di survivorship bias sono molto frequenti.

Consideriamo ad esempio le performance dei fondi comuni di investimento. Supponiamo di leggere su un articolo che la performance negli ultimi 10 anni dei fondi azionari europei distribuiti in Italia è stata del x% all’anno. Per capire se il numero sia rappresentativo della reale performance della categoria dovremmo approfondire se sia stato considerato o meno il survivorship bias. Al pari degli aerei abbattuti, alcuni dei fondi che esistevano 10 anni fa sono stati chiusi o fusi in altri fondi, forse perché hanno avuto dei problemi e la gestione non è stata soddisfacente. Se il campione analizzato tenesse in considerazione solo i fondi sopravvissuti (e quindi ignorasse il survivorship bias) saremmo certi di dover aggiustare al ribasso il numero che abbiamo osservato.

Lo stesso approccio può essere adottato quando dobbiamo valutare l’affidabilità di qualsiasi proposta da parte di fornitori, consulenti e di chiunque ci stia offrendo un servizio. Il track record che verrà sottoposto alla nostra attenzione sarà caratterizzato da survivorship bias cioè ci verranno presentati solo i progetti, servizi e prodotti che sono risultati vincenti, trascurando invece quelli che in passato non hanno avuto successo.

Dove sono finiti i fallimenti?

Supponiamo di dover studiare le caratteristiche delle aziende di un determinato settore, perché dobbiamo effettuare un’acquisizione, oppure vogliamo espandere il nostro business in quello stesso segmento o semplicemente perché siamo curiosi di capire le strategie per aver successo in quella particolare area di business. Analizzando solo le aziende attive andiamo incontro a un problema che Jerker Denrell, professore di strategia all’università di Oxford, definisce sottocampionamento dei fallimenti, che non è altro che un termine diverso per definire il survivorship bias. Dal campione di osservazione sono infatti escluse tutte quelle aziende che hanno operato in quel settore ma che per qualsiasi motivo non ce l’hanno fatta e sono fallite. 

Per capire se un determinato business model o scelta strategica possa essere considerato un fattore critico per avere successo dovremmo analizzare anche le aziende fallite: la strategia che a prima vista sembrerebbe l’elemento distintivo dell’azienda leader di mercato potrebbe essere stata adottata anche da altre aziende che per motivi diversi sono fallite. La ragione del successo potrebbe dipendere da altri fattori oppure più semplicemente la fortuna potrebbe aver giocato un ruolo determinante (per esempio leggi Il ruolo della fortuna). 

“Per comprendere le ragioni del successo, occorre prima studiare le ragioni del fallimento.” (Nassim N. Taleb)

Le prove silenziose

Quando prendiamo una decisione, dobbiamo cercare di valutare non solo quello che possiamo osservare o che viene sottoposto alla nostra attenzione. In alcuni casi la soluzione è da ricercarsi in quello che non possiamo vedere, negli aerei che non sono tornati alla base, nelle aziende che non sono sopravvissute, in quell’insieme di informazioni seppellite dalla storia che Nassim Taleb definisce “prove silenziose” (“silent evidence”).

“Le prove silenziose pervadono la stessa nozione di storia. Qualsiasi analisi che non considera la popolazione iniziale silenziosa può essere considerata priva di valore.” (Nassim N. Taleb)

Bibliografia:

Ellenberg, Jordan. How Not to Be Wrong: The Power of Mathematical Thinking. Penguin Books, 2015.

Mauboussin, Michael J. The Success Equation: Untangling Skill and Luck in Business, Sports, and Investing. Harvard Business Review Press, 2012.

Savage, Sam L. The Flaw of Averages: Why We Underestimate Risk in The Face of Uncertainty. John Wiley & Sons, 2012.

Taleb, Nassim N. The Roots of Unfairness: the Black Swan in Arts and Literature. Journal of the International Comparative Literature Association, Novembre 2004.

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