Nel 1997 il computer Deep Blue sconfisse il campione di scacchi Garry Kasparov in una sfida che fece epoca. 

“The brain’s last stand”

“The brain’s last stand” (l’ultimo baluardo del cervello umano): con questo titolo in copertina a inizio maggio 1997, Newsweek presentava la sfida epocale che si sarebbe tenuta di lì a qualche giorno tra il campione mondiale di scacchi Garry Kasparov e il supercomputer della IBM “Deep Blue”. Si trattava in realtà di una rivincita: l’anno prima il campione aveva battuto non senza difficoltà la versione precedente della macchina di IBM. Deep Blue si presentava alla sfida con una capacità computazionale raddoppiata rispetto a qualche mese prima: era in grado di calcolare fino a 200 milioni di posizioni al secondo.

Da sempre considerati come un simbolo universale di intelligenza, abilità e complessità, gli scacchi avevano rappresentato nella seconda metà del secolo scorso un importante terreno di scontro tra l’uomo e la macchina, il metro di giudizio più significativo per misurare i progressi dei computer.

Per questo motivo la partita del 1997 assunse i toni dello scontro tra i due Mondi e Kasparov venne addirittura definito da Newsweek “la speranza dell’umanità”, colui che avrebbe dovuto riaffermare la supremazia dell’uomo sulla macchina. Nel 1985 Kasparov, considerato il più grande giocatore di scacchi di tutti i tempi, aveva giocato contro 32 computer contemporaneamente e il risultato era stato schiacciante: 32-0 in favore della razza umana. Dopo la sfida incerta del 1996, lo scontro tra il campione russo e Deep Blue appariva questa volta veramente equilibrato, il primo momento della storia in cui un computer poteva battere il campione della “umano” nel più nobile dei giochi di intelligenza.

Se e come Kasparov sarà in grado di superare il mostro dell’IBM in astuzia può essere considerata un’indicazione di come la nostra specie sarà in grado di mantenere la sua identità, oltre che la sua superiorità, negli anni e secoli a venire.” (Newsweek, May 1997).

Al termine di una settimana di incontri che tennero milioni di persone con il fiato sospeso, Deep Blue riuscì a sconfiggere il campione della razza umana. Tuttavia, anche per gli accaniti sostenitori dell’Intelligenza Artificiale (AI), si trattava di una vittoria amara: Deep Blue aveva vinto utilizzando la forza bruta computazionale. Il sogno di creare un computer che pensasse come un umano e lo sfidasse sul campo della creatività e dell’intuito era ancora lontano dall’avverarsi. Come sottolineato da Melanie Mitchell, studiosa di sistemi complessi, Deep Blue aveva battuto Kasparov ma non poteva festeggiare la vittoria.

Man vs Machine

Lo sviluppo repentino della tecnologia e dei computer a partire dagli anni ‘60 aveva reso lo scontro “uomo vs macchina” un tema di interesse collettivo, non solo per gli appassionati di scacchi. Il terreno di confronto era dominato dallo spauracchio della “sostituzione”: le macchine si sarebbero presto sostituite agli umani nello svolgimento di gran parte dei lavori generando elevati livelli di disoccupazione. I più futuristi prevedevano addirittura scenari inquietanti in cui i robot avrebbero iniziato a ragionare come gli umani, scalzando i loro creatori nel controllo del mondo.

Utilizzo le mie capacità nel modo più completo, il che, per un’entità cosciente, è il massimo che possa sperare”. (Computer di bordo HAL 9000 in 2001: Odissea 2001 nello spazio).

Ho visto cose che voi umani non potete neanche immaginare”. (Replicante Roy Batty in Blade Runner)

Gli studiosi si affrettarono ad elaborare teorie per rassicurare gli “umani” del fatto che i computer non avrebbero mai raggiunto il loro livello. Le più significative sono il paradosso di Polanyi e quello di Moravec.

Il paradosso di Polanyi, enunciato dal filosofo e fisico Michael Polanyi nel 1967, si basa sul concetto di “conoscenza tacita”: gran parte delle attività che svolgiamo si fondano su competenze intuitive e sotterranee che sono difficilmente codificabili e automatizzabili. Queste competenze sarebbero quindi ad utilizzo esclusivo degli umani. 

Possiamo sapere più di quello che possiamo esprimere.” (Michael Polanyi)

Ancora più rassicurante è il paradosso di Moravec, enunciato nel 1980 dallo studioso di robotica Hans Moravec secondo il quale per un robot le cose semplici sono difficili e viceversa. E’ semplice insegnare alle macchine compiti complessi come giocare a scacchi o risolvere problemi di matematica avanzata mentre è estremamente più complesso sviluppare un robot in grado di muoversi, parlare o riconoscere le cose, cioè svolgere attività banali anche per un bambino.  

E’ relativamente semplice costruire dei computer con capacità simili a quelle di individui adulti nei test di intelligenza o nel giocare a dama, ma è difficile o impossibile dotarli delle abilità di un bambino di 1 anno quando si tratta di percezione e mobilità.” (Hans Moravec)

Il paradosso di Moravec è interessante non tanto per le sue previsioni sulle possibilità dei sistemi di AI di sviluppare capacità di percezione (dopo 40 anni gli algoritmi di riconoscimento facciale e gli assistenti vocali sviluppati recentemente stanno iniziando a smentire il paradosso) ma quanto perché ha introdotto il concetto di “complementarietà”. Le macchine sono forti (capacità computazionali) dove l’uomo è debole e viceversa (non dispongono di intuito, creatività e visione strategica)

Nell’immediato futuro la sfida per le aziende è quindi capire come sfruttare al meglio questa complementarietà e chiedersi come le macchine possano essere utili per risolvere più efficientemente problemi complessi.

Se non puoi batterli, alleati con loro

Nel suo libro How Life Imitates Chess, Kasparov racconta che proprio il paradosso di Moravec gli suggerì l’idea di organizzare, a partire dal 1998, tornei di “Advanced Chess” in cui i giocatori potevano avvalersi di un PC durante la partita. L’obiettivo era quello di ottenere il più alto livello di gioco possibile attraverso la sinergia tra le capacità computazionali dei PC e l’abilità strategica dei campioni: la migliore sintesi possibile tra l’uomo e la macchina.

Il computer poteva prevedere le conseguenze di ciascuna mossa. Per questo, potevamo concentrarci sulla strategia invece di spendere tanto tempo in calcoli. In queste condizioni, la creatività umana era ancora più importante.” (Garry Kasparov).

L’esperimento più interessante fu condotto nel 2005 quando fu organizzato un torneo “freestyle”: chiunque poteva partecipare in team composti da persone e/o computer. Attirati dall’elevata posta in palio, si presentarono un gran numero di campioni di scacchi con l’ausilio di PC oltre ai migliori supercomputer disponibili in quel momento. I primi risultati diedero un verdetto chiaro: anche il supercomputer più potente (in quel momento Hydra, una versione evoluta di Deep Blue) non aveva avuto scampo contro giocatori esperti dotati anche di un semplice laptop. La guida strategica umana unita alla capacità calcolo di un laptop era di gran lunga superiore alla massima espressione della forza bruta computazionale.

Ma il risultato più sorprendente si ebbe alla fine: il torneo fu vinto da una coppia di giocatori amatoriali che utilizzavano 3 normali laptop contemporaneamente. La loro abilità strategica nell’utilizzo coordinato dei PC aveva superato la maggiore conoscenza del gioco dei campioni e la capacità computazionale di chi utilizzava i supercalcolatori. Un miglior processo decisionale, una più efficiente capacità nello sfruttare e nel coordinare le risorse a propria disposizione aveva avuto la meglio sull’abilità dei singoli e sulla potenza delle macchine.

La complementarietà tra l’uomo e la macchina

Le aziende di successo riescono a sfruttare con efficacia la sintesi tra uomo e macchina. Peter Thiel, uno dei fondatori di Paypal, nel suo libro Zero to One, ci racconta come questa unione tra uomo e macchina sia stata alla base del successo di Paypal. A metà del 2000, l’azienda subiva perdite pari a circa 10 milioni di dollari al mese a seguito di frodi connesse alle transazioni con carte di credito. Dato l’elevato numero di transazioni, nessun team di controllo di qualità era in grado di verificarle singolarmente. Così i manager, con l’aiuto di un gruppo di matematici, svilupparono un algoritmo in grado di riconoscere le transazioni fraudolente e cancellarle automaticamente. Ma anche questa soluzione non funzionò: dopo un paio d’ore i truffatori erano già in grado di cambiare tattica per aggirare gli ostacoli dell’algoritmo.

La soluzione fu infine trovata attraverso un meccanismo ibrido: i tecnici di Paypal svilupparono un software in grado di segnalare le transazioni sospette ma demandarono ad un team di analisti la decisione finale di cancellare o meno la transazione. Questo sistema ibrido denominato “Igor” risultò impenetrabile alle intrusioni esterne e consentì a Paypal di raggiungere il break-even nel primo trimestre del 2002. Non solo: l’FBI chiese a Paypal di poter utilizzare “Igor” nella sua attività di analisi dei reati finanziari (grazie a quell’idea, dopo la vendità di Paypal ad Ebay, Thiel fondò Palantir, oggi azienda leader nei sistemi informatici utilizzati dalle agenzie di intelligence per l’analisi di attività fraudolente e terroristiche…quando si dice…da “cosa nasce cosa”).

La sintesi uomo-macchina è divenuta oramai un requisito imprescindibile per aziende di successo in tutti i settori: dall’industria farmaceutica, a quella finanziaria, dall’ingegneria ai beni di consumo. Per non parlare del settore dell’istruzione, messo a dura prova dalla recente pandemia o della selezione del personale: oggi più del 97% dei “recruiter” utilizza LinkedIn come motore di ricerca e primo screening dei potenziali candidati. LinkedIn è un altro esempio efficace di come la tecnologia non sia andata in sostituzione dei reclutatori (non è mai stato un obiettivo dell’azienda fin dalla creazione) ma rappresenti ormai uno strumento indispensabile per svolgere il proprio lavoro con maggiore efficienza.

Come sfruttare al meglio la macchina

Cosa possono fare le macchine per aiutarci? Possiamo individuare alcuni step.

  1. Occorre individuare quali siano le attività che le macchine possono svolgere meglio di noi: i processi che possono essere automatizzati o che richiedono complesse attività di calcolo. Sicuramente un utilizzo importante è la gestione dei “big data” dove le macchine sono in grado di individuare degli andamenti (patterns) non immediatamente chiari per l’uomo.
  1. Le macchine sono molto utili per effettuare analisi di scenario o di stress test. Pensiamo all’utilizzo dei PC nell’esempio degli scacchi: le macchine sono in grado di calcolare senza errori il “payoff” di ogni potenziale mossa. Allo stesso modo possiamo utilizzare le macchine quando valutiamo i potenziali scenari futuri di un business plan, l’appetibilità in diverse circostanze di un investimento o di un progetto. Oppure quando effettuiamo analisi di “risk management/stress test” andando a verificare la solidità delle nostre assunzioni in condizioni estreme. Le macchine semplificano l’attività di decisione strategica perché consentono di focalizzarsi sul “deep planning” piuttosto che sui calcoli.
  1. Dobbiamo prestare molta attenzione all’attività di organizzazione del lavoro delle macchine: ripensiamo al risultato del torneo “freestyle” di scacchi. L’efficacia del disegno e della pianificazione dell’interazione uomo-macchina è spesso più importante dell’abilità dell’uomo e della potenza della macchina (diamo per scontato che i parametri con cui viene calibrata la macchina siano corretti…anche quello è un lavoro per umani!)
  1. In un mondo in cui i calcoli sono effettuati dalle macchine, la creatività umana diventa essenziale per fare la differenza. Avere una visione d’insieme è cruciale: ad esempio, quando i computer analizzano i “big data” sono sì in grado di individuare andamenti nascosti, ma non di confrontare pattern riscontrati su basi dati differenti, di decifrare comportamenti complessi o effetti di secondo e terzo livello. La capacità di analizzare e interpretare i segnali delle macchine è una competenza fondamentale che occorre valorizzare. 

Una delle principali preoccupazioni di ogni manager dovrebbe essere quella di sfruttare al meglio la tecnologia disponibile. Di una cosa può essere certo: i suoi competitor lo stanno già facendo.

Bibliografia:

Levy, Steven. Man vs Machine. Newsweek, May 1997.

Kasparov, Garry. How Life Imitates Chess: Insights Into Life as a Game of Strategy. Arrow Books, 2008.

Kasparov, Garry. The Chess Master and the Computer. The New York Review of Books, February 2010.

Thiel, Peter. Zero to One: Notes on Startups, or How to Build the Future. Virgin Books, 2015.

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